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 Indice Forum » Italian Room » Contro la miseria: che fare? Il ruolo dell’ONU, dei governi, della societŕ civile mondiale.
"C'è bisogno di mettere le donne al centro del dibattito sulla questione della povertà"
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Elisabeth Eilor



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 "C'è bisogno di mettere le donne al centro del dibattito sulla questione della povertĂ "
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Elisabeth Eilor (Uganda), Coordinatrice di Awepon, Rete delle politiche Economiche delle Donne Africane

Grazie molte, Signor Presidente. Vorrei ringraziare i precedenti oratori, che ci hanno dato un’apertura davvero corretta per questa sessione. Quello di cui vorrei parlarvi è ciò che stiamo facendo in Africa per reagire alle situazioni che sono state qui illustrate. Io faccio parte di un network di organizzazioni di donne, nato da un’organizzazione religiosa che si chiama Consiglio Panafricano della Chiesa. Ci siamo resi conto che c’era bisogno di mettere le donne al centro del dibattito sulla questione della povertà. Quando abbiamo cominciato a lavorare sui temi della povertà ci siamo resi conto che quando si viene ad una riunione come questa, si può contare quante donne africane ci sono che siano in grado di parlare e di elaborare sui problemi che interessano loro. Sono poche; ci siamo resi cinto che anche a livello nazionale, le donne si occupavano soprattutto di offrire dei servizi e non delle questioni riguardanti il cuore dei problemi che esse affrontano nella loro vita quotidiana. Quando parliamo di povertà in Africa, dobbiamo considerare che la donna africana conosce molto bene la povertà, perché c’è vissuta, è nata nella povertà, conosce i problemi ed è in grado di dire qual è il modo migliore per affrontare la sua condizione; ma quando si arriva al livello decisionale, al tavolo delle decisioni le donne non sono mai presenti. Quindi la Rete delle Donne Africane per le Politiche Economiche si è presa la responsabilità di cercare di potenziare le capacità delle donne stesse di parlare dei problemi che le toccano nella loro vita quotidiana. Noi diciamo che dobbiamo rendere l'economia più domestica. La donna nelle famiglie, nelle case in Africa è la donna che procura tutti i giorni la sussistenza per la famiglia, che assicura che i bambini vadano a scuola, che fa il bilancio della famiglia, che gestisce le risorse economiche. Perché non farla sedere al tavolo delle decisioni che poi toccheranno la sua situazione, incidendo in positivo o in negativo? Nel nostro lavoro, nel nostro dibattito con la donna, le questioni che riguardano l'HIV, l’AIDS sono diventate centrali, perché la donna in Africa si è scontrata con questa bestia terribile, l’AIDS, nella vita quotidiana. La donna si sveglia la mattina e scopre che un vicino o una vicina di casa sono morti: lei a questo punto deve procurare acqua o legname da ardere oppure preparare il funerale; ci sono i suoi figli e il giorno dopo ci saranno anche altri 10 bambini, gli orfani che arrivano nella sua famiglia, e che entreranno a far parte della famiglia allargata e la donna se ne dovrà occupare; mentre le decisioni che stanno prendendo i nostri governi non si basano su una conoscenza dei problemi basilari che affrontano gli uomini e le donne nella vita quotidiana. Quello che conta per i nostri governi è rispondere delle proprie azioni al WTO, al FMI alla WB, rispondere delle proprie scelte ai partner nei Paesi sviluppati e lasciano i poveri a cavarsela da soli come possono. Noi dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo mobilitare le masse; fare questo ci ha portato ad accogliere l’appello per l'Azione Globale Contro la Povertà. Nella nostra mobilitazione affrontiamo i temi come il WTO e l’educazione delle masse, perché chiedano conto ai governi delle loro azioni. La liberalizzazione del commercio ha creato moltissimi problemi, in particolare per i contadini, che sono stati di fatto cacciati dalla loro terra perché non sono in grado di competere con le merci che provengono dai Paesi sviluppati e che sono a più basso prezzo. Ci hanno detto che devono essere privatizzati i servizi; parliamo di istruzione primaria universale, per tutti eppure, le famiglie devono pagare per mandare i loro figli alla scuola primaria; paliamo di servizi sanitari, persino riguardo all’AIDS e si dice che devono essere le famiglie ad occuparsi dei malati. A queste famiglie cosa diamo? Quanto tempo può dedicare una donna o un uomo ad occuparsi della sua famiglia svolgendo contemporaneamente un’attività generatrice di reddito che possa permettere a questa famiglia di uscire dalla povertà. Il WTO ci dice che dobbiamo garantire che la spesa, l’acquisto e l’erogazione dei servizi pubblici siano aperti al mercato. Questo significa che noi dobbiamo consentire alle multinazionali di venire a fornire servizi privatizzati, a pagamento, nei nostri paesi. Questo significa che una piccola attività generatrice di reddito che può praticare mia madre o io stessa a livello di base, non può competere con queste multinazionali. Significa che l’acqua che noi eravamo abituate a prendere gratuitamente dai pozzi, dai fiumi, adesso è nelle mani delle multinazionali, che dicono “Vi offriremo il miglior servizio”... pagando! Tutto ciò ha significato un aumento della diarrea, del colera, delle persone che muoiono senza che nessuno debba rispondere di queste morti. Per noi c’è uno tsunami tutti i giorni in Africa! Per noi quello che è successo nel Darfur è un’esperienza quotidiana. Quello che sta succedendo in Somalia lo sappiamo tutti, ma nessuno lo considera un tema davvero importante, quando si parla di povertà in Africa. La preoccupazione che abbiamo per l'Africa, ciò che noi vogliamo è la dignità: dov’è la dignità di cui si parla, se noi non garantiamo questa dignità, stabilendo regole del mercato che consentano di avere un mercato in Africa, in cui poter veder i propri beni? Di cosa stiamo parlando, quando i nostri governi dipendono quotidianamente dal FMI e dalla BM, quando le cosiddette condizionalità imposte per ottenere crediti e fondi comportano una forma di sovvenzione per gli azionisti della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale. Quindi, noi dobbiamo unirci, mobilitare la nostra gente, chiedere conto ai nostri governi di quello che fanno, in modo che da non avere più governi che vendono le nostre vite al FMI e alla WB o chiedendo loro di non accettare più norme del WTO che fanno precipitare l’economia. L’Africa da sola non ce la farà a risolvere questo problema, perché anche se diciamo “Lasciamo l’Africa a sé stessa”, ci saranno degli effetti sul resto del mondo: è già successo e sappiamo cosa sta succedendo. Quindi noi chiediamo ai nostri Governi, non solo di rispondere delle proprie azioni ma anche di mettere in discussione questo stato di cose, di insistere sulla cancellazione del debito per tutti i Paesi Africani e per tutti i Paesi poveri. Perché? Perché la maggior parte di questi soldi già sono stati restituiti dieci volte! Non si possono privatizzare quei servizi che hanno portato i Paesi industrializzati al punto in cui sono ora. Dobbiamo dire no alla privatizzazione ed alla liberalizzazione. Naturalmente, sono state dette cose molto sagge sulla soluzione dei problemi della povertà in Africa ma tutte queste cose stanno scritte sulla carta, in documenti pieni di belle parole, come la Relazione della Commissione Blair, il NEPAD, ma la realtà è che queste cose poi non vengono realizzate sul campo. Abbiamo un bellissimo documento, sentiamo bellissimi discorsi, mentre le donne, i bambini, gli uomini dell’Africa vivono l’esperienza della povertà nella loro vita di ogni giorno. Quindi mi appello a quest’assemblea: lavoriamo insieme, dobbiamo resistere, dobbiamo dire “Siamo uniti nella lotta alla povertà, nella volontà di affrontare il problema della povertà e di porre fine alla liberalizzazione delle economie, per fermare la privatizzazione di nostri servizi”. Quindi vi chiedo di unirvi a me nel cantare una canzone molto semplice, che ho imparato qualche anno fa e che dice “Se siamo uniti resisteremo e se siamo divisi cadremo / Will shall overcome someday, oh deep in my hart i do believe Will shall overcome someday”: uniti resisteremo e se siamo divisi cadremo.
MessaggioInviato: Mer Feb 22, 2006 11:38 am
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