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Comunicare la pace significa informare sulle diversità
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Sergio Bellucci



Registrato: 17/02/06 11:09
Messaggi: 1

 Comunicare la pace significa informare sulle diversità

Sergio Bellucci, responsabile della comunicazione di Rifondazione comunista.

A differenza di Roberto Natale, credo che il servizio pubblico debba allevare pacifisti. Credo che il servizio pubblico lo abbia nella sua struttura e nella sua missione, nel codice genetico della sua missione, nella sua storia. E per fare questo bisogna cambiare la logica del funzionamento. Diceva Paolo Serventi Longhi nel suo discorso, bisogna cambiare le cose, bisogna cambiare il sistema. È vero. Alcune cose però possono partire proprio da noi, dal comportamento della categoria dei giornalisti. Oggi un cittadino emigrante che vive nel nostro paese non può essere giornalista perché esiste un ordine che lo esclude. Vogliamo chiudere quest’ordine. Vogliamo dare a tutti la possibilità di comunicare visto che questo è l’elemento principale di questa società. Sono cose che sono nelle nostre possibilità.
Comunicare la pace significa informare sulle diversità, garantire punti di vista diversi e per fare questo bisogna garantire un pluralismo sostanziale e non formale, bisogna scambiare le logiche che hanno affascinato in qualche modo molti esponenti del centro sinistra, per cui la parola pluralismo significava solo concorrenza fra aziende. Pluralismo è qualcosa di più profondo. Bisogna capire le ragioni dell’altro, bisogna dargli la voce, bisogna capire che il testo e il contesto nel campo della comunicazione sono una cosa unica e che il servizio pubblico è proprio quella magia che stiamo disperdendo perché abbiamo imposto al servizio pubblico le logiche del commerciale. Ma era quel luogo magico solo perché il contesto era diverso da quelli degli interessi degli azionisti privati e infatti anche una sola azione data in mano ad un privato cambierebbe profondamente la natura del contesto. Questo è il punto. Qualcuno ha chiamato questa nuova modernità della comunicazione, che è come merce, la modernità liquida cioè quella realtà offerta dal sistema dell’informazione attraverso la trasformazione di tutto quello che accade nello spettacolo o nello spettacolo merce. Un liquido amniotico nel quale la mercificazione tenta di riprodurre la consapevolezza e la sfera cognitiva dell’individuo, un liquido amniotico dove vorrebbero tutte le persone un po’ asettiche senza le particelle di sodio che girano nel liquido così come ci fa vedere la pubblicità. E invece le particelle di sodio si producono e riproducono, le diversità e le logiche che sono al di fuori della modernità liquida si riproducono. E in questo modo dobbiamo dare una spinta al cambiamento del sistema. Bisogna avere la forza di cambiare la logica del sistema per poter pensare al progetto della comunicazione nel paese. E bisogna rendere in qualche modo queste proposte come elementi di garanzia fondamentali esigibili dai cittadini. Vogliamo elencarne duo o tre.
Partiamo dall’abolizione dell’ordine dei giornalisti. Apriamo questa porta alla società, facciamogli prendere in mano il diritto di comunicare. Due l’autonomia del servizio pubblico. Bisogna evitare la privatizzazione e che si riducano gli spazi del servizio pubblico. Però bisogna partire anche dai comportamenti personali. Noi come partito abbiamo avanzato da tempo la proposta di criteri di nomina che affidino autonomia al mondo del lavoro, alle professioni che fanno informazione e comunicazione e poi agli utenti la possibilità di nominare il consiglio d’amministrazione. Però poi i partiti, anche quelli che propongono le modifiche dentro le commissioni di vigilanza, votano direttamente perfino i presidenti delle commissioni di vigilanza e i presidenti. E questo è un problema che sta sulle teste delle persone che fanno queste scelte. Nessuno li ha obbligati a farlo. E vogliamo anche proporre il diritto a comunicare, uno degli elementi fondamentali, per cui tutte le particelle di sodio che sono dei corpi estranei rispetto alla modernità liquida, abbiano la possibilità di vendere le loro idee e non di vendere sul mercato della comunicazione le merci.
Partiamo anche da una richiesta che possiamo fare all’UsigRai e con questo concludo. Vogliamo dire che da oggi in poi la richiesta formale dell’UsigRai ai comitati di redazioni e alle direzioni di testate per le discussione e i dibattiti che riguardano fatti di guerra non abbiano più esperti di guerra in studio ma esperti di pace che possano parlare della reale condizioni nelle quali sta avvenendo quello scontro. Questo è una cosa che sta sulla nostra pelle e sulla nostra capacità d’azione e può dare a tutti uno sviluppo, un’attività di politica vera.
MessaggioInviato: Mar Feb 21, 2006 8:56 am
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